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      E il principe sì religioso e austero si fa sordo a' richiami; e fieramente ributta chi si lagni di villania, di rapina, di mortal ferita: dolenti vanno a lui i sudditi e dolentissimi sen tornano, quando in pena della temerità non li chiude il carcere, non li punisce il bastone, o non li calpestano i cavalli degli uomini d'arme, mentre essi si sforzano a giugnere sino ai piè del tiranno. Così la rimostranza già citata. Carlo sorride ai focosi suoi sgherri: giovanili trapassi que' loro, o giuste vendette; le querele e' richiami son calunnie di gente ribelle(98). Invano Clemente parlò, scrisse, mandò legati a Carlo più volte(99), fin pregò re Ludovico che il moderasse: Gregorio X invano nel ripigliò in Toscana, e l'ira del cielo minacciogli, e 'l flagello d'inaspettato tiranno che piomberebbe su lui. "Che suoni tiranno, rispondea Carlo, io lo ignoro; ma so che il sommo Iddio mi ha guidato, e così ho fidanza che mi regga sempre." E raddoppiò i balzelli su i Templari e gli Spedalieri; e si rise delle rimostranze che Marino arcivescovo di Capua fea tuonar poco appresso nel concilio di Lione; e dell'orrore desto tra quei prelati al suo dire; de' legati che il concilio deputava a correggerlo; e delle epistole del papa a re Filippo di Francia(100).
      Un dì avrebbe forse il sicilian parlamento chiesto riparazione a tanti torti; e '1 voto solenne de' rappresentanti della nazione, avria fatto impallidire quel Carlo(101); ma il parlamento più non era, ch'ei non l'adunò in Sicilia mai, come sopra si è detto.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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