Bello indi l'immaginare questa siciliana famiglia, rinata a vita novella, che senza gelosia, senza veleni d'interiore nimistà, fervea nell'opera della comune difesa, strigneasi ne' consigli, adunava le forze, e pacata deliberava ad ordinare più stabile reggimento. Sperandosi durevole il presente, si pensò contar nuov'era dal gran fatto della rivoluzione; talchè in parecchi diplomi leggiamo l'intitolazione: "Al tempo del dominio della sacrosanta romana Chiesa e della felice repubblica, l'anno primo(247)."
A Procida, alla congiura, come nel capitol dinanzi accennammo, davano alcune cronache l'onore di questa nobil riscossa; e l'han seguito i più, talchè istorie e tragedie e romanzi e ragionari d'altro non suonano ormai. Io sì il credea, finchè addentrandomi nelle ricerche di queste istorie, mi accorsi dell'errore. Degli autori primi d'esso, pochi sono contemporanei, gli altri qual più qual meno posteriori, tutti sospetti da studio di parte, e vizio manifesto in alcuni fatti. Ma i contemporanei di testimonianza più grave, e italiani e stranieri, alcuno de' quali candidissimo, segnalato tra tutti Saba Malaspina, che fu pur marcio guelfo, e segretario di papa Martino, e informato meglio che niun altro de' casi di Sicilia, dicono al più di vaghi disegni di Pietro; della cospirazione con Siciliani non fan motto; molto manco de' congiurati raccolti in Palermo: e portan come gl'insulti de' Francesi in quel dì, e più la "mala signoria che sempre accora i popoli soggetti, mosser Palermo"; che è la sentenza del sovrumano intelletto d'Italia(248), contemporaneo(249), veggente più che altr'uomo, e rigorosamente verace.
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