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      Baldovino pensava sostare, e, raccolti gli sbrancati, mandare per rinforzo a città; ma dandogli sulla voce Arrigo d'Amelina per nimistade privata, tutti appigliaronsi al partito che parea più generoso. Audaci sì, ma radi e stanchi, investono il nimico: il quale ordinato e fresco, li sbaragliò al primo scontro. Quell'Arrigo stesso d'Amelina, Anfuso de Camulio, Bertoldo Alamanno, Pietro Cafici, cavalieri; Bartolomeo Mussone, Martin di Benincasa, Abramo d'Ambrosio, Niccolò Rosso, e di minor nome mille a un di presso, nella zuffa o nella fuga fur morti. Assai n'andar anco prigioni; tra' quali notan le istorie i nomi di Roberto de Mileto cavaliere, che perì ne' ceppi francesi, e d'Arrigo Rosso mercatante, ricattatosi per mille once d'oro dopo la fine dell'assedio(265).
      Come la sconfitta si riseppe in città, il popolo infellonito da rammarico, e più stigandolo Baldovin Mussone, l'inesperto capitano che a discolparsi gridava tradimento, levasi a romore in cerca di traditori. Chiama al supplizio i partigiani de' Francesi, gli odiati de Riso: tratti Baldovino e Matteo dalla rocca di Matagrifone, ove li avea chiuso da pria, li mette in pezzi; Giacomo decollato per man del carnefice; strascinati i cadaveri per la città; senza tomba gittati; con tanto eccesso d'ira, che gli amici non osavano pur piagnerli, e i congiunti a mala pena si sottrassero. La moltitudine intanto, come se quelle morti fosser vittoria, scordata già l'infelice fazione, girava tripudiando intorno le mura della città, e per le strade gavazzava.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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