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      Come da Roccamadore infino al torrente di Cammàri sparve il ridente giardino, tagliati gli alberi, stralciate le vigne, saccheggiate masserie e canove, diroccate le case, quanto rubar non poteasi distrutto; e come il dì appresso, mutati gli alloggiamenti, lo sterminio s'avvicinò, i Messinesi che a niente guardavano fuorchè all'onore e alla libertà, con tanto maggior dispetto si fecero a provocar l'Angioino. Appiccan fuoco a settanta galee delle costruite contro i Greci; fabbrican armi delle ferrerie tratte dalle ceneri; disfatte altre navi, ne riattano mura e steccati; il borgo di Santa Croce, posto a mezzodì ove in oggi è quel di Zaera, non potendol fortificare, abbandonano. Occupollo al terzo giorno re Carlo; da quella banda ponendo il campo, sì stretto alla città, ch'appena nel partiva il picciol torrente di porta de' Legni. Egli alberga nel munistero de' frati predicatori che sorgea sul poggio, da ciò chiamato vigna del re; e fa alzar su i comignoli una torricella di legno, per ispecolare dentro la città, e anco offenderla con macchine. Ma i Messinesi se n'avvidero appena, che dato di piglio a' mangani, a furia di pietre sconficcaron la torre(269): e furon questi i primi saluti all'antico lor principe.
      Or se la città debbasi assaltare impetuosamente pria che s'avvezzi al pericolo, o travagliar tanto d'assedio che stanca ed affamata s'arrenda, agitano tra loro i capitani, ristretti a consiglio. I più focosi diceano andarne, l'onor di tant'oste contro una plebe assiepata con legni e macerie, non muta: l'impeto vincer le guerre: a che tardare sì giusta vendetta?


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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