Manifesto disegno era dunque affamar Carlo nel campo, tagliandogli per mare le comunicazioni con la Calabria, e su pei monti ogni via a foraggiare nell'isola; il qual consiglio appone a Giovanni di Procida chi il fa protagonista della tragedia del vespro. Con certezza istorica si sa che Pietro, disposte così le forze, bandiva solennemente la guerra; e a Carlo a quest'effetto spacciava Pietro Queralto, Ruy Ximenes de Luna, e Guglielmo Aymerich, giudice di Barcellona, con giusta scorta d'armati(327).
Per due frati carmelitani domandaron costoro salvocondotto a re Carlo(328); il quale sognando potere in brev'ora parlar da vincitore, ai frati rispondea darebbelo a capo a due dì; e comandava quel generale assalto del quattordici settembre, che gli tornò sì funesto. Al secondo dì dalla battaglia, ancorchè giacesse in letto, tutto rappigliato, spossato, affranto, arso d'infermità e peggio di rabbia(329), assentì a veder gli ambasciatori, che già venuti al campo, e cortesemente raccolti con grossiera ospitalità, sotto guardia strettissima aspettavano(330). Ammesso Queralto dinanzi al re sedente in letto su ricchissimi drappi di seta, presentò le credenziali; e Carlo a lui, troncando le cerimonie: "Alla buon ora di' su;" e datagli un'altra lettera di Pietro, senza guardarla, gittavala sulle coltri; ardea tutto d'impazienza aspettando il dir del Catalano. Perciò questi brevemente si fe' ad esporre l'ambasciata del suo signore, richiedente il conte d'Angiò e di Provenza che lasciasse la terra di Sicilia, a torto occupata, atrocemente manomessa, in cui aiuto il re d'Aragona s'era mosso come signor naturale, pel diritto dei suoi figliuoli.
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