Alla Catona e in altri luoghi marittimi di Calabria li spartì in grosse schiere: a Reggio ei rimase con la più forte(360). E, per non sembrare inoperoso, un messaggio di rimbrotti mandò a re Pietro, già tornato a Messina.
Per Simon da Lentini, frate de' predicatori, il mandò, che affidato nella chierca, rinfacciava al re d'Aragona: l'ingannevole risposta su i primi armamenti suoi; la guerra non denunziata, portata mentre fingeva amistà e trattava parentado; l'occupazione ingiusta del reame: con l'arme gliel proverebbe re Carlo. A que' detti che suonavano slealtà e tradimento, balzò Pietro dal seggio, concitato nei passi, alterato il sembiante; ma in un attimo tornando padrone di sè, gli fea bilanciata risposta: tra lui e 'l conte d'Angiò gli omicidî di Manfredi e Corradino aver già da lungo tempo rotto la guerra: a ragione tener questo reame, per eredità ed elezione de' popoli: mentir però chi gli apponea tradigione: e sì che il sosterrebbe in duello(361). Onde due messaggi inviò a re Carlo, coi quali delle condizioni del duello si disputò lunga pezza; perciocchè re Carlo non amando a misurar le declinanti sue forze con la robusta età dell'Aragonese, volea compagni molti al combattere, chè tanti sì prodi, avvisava, non potrebbe trovar l'avversario: e questi, tenendosi al singolare combattimento, offria venirne senz'arnese contro Carlo coperto di tutt'arme; e sì ricusava il duello in Calabria, a meno che non gli si desse in istatico il principe stesso di Salerno. Accordaronsi al fine che i due re con cento cavalieri per ciascuno s'affrontassero a provare: "Carlo, come provocatore, esser Piero entrato nel reame di Sicilia contra ragione e in mal modo, senza sfidarlo dapprima: e il re di Aragona, come difensore, che l'occupazione e tutt'altro fatto contro Carlo, non fossero macchia all'onor suo, nè opera da vergognarne dinanzi a dignità di tribunale o cospetto d'uom giusto.
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