Dissero i nostri, che Carlo pretestando il duello volesse trar di Sicilia il rivale, per riassaltar l'isola più francamente, e spegner il fomite di ribellione in terraferma(364). Di pari astuzia i Guelfi accagionavan l'Aragonese, supponendolo erroneamente provocatore al duello, come se per tema delle forze superiori di Carlo divisasse differir tanto la guerra, che inoperosi morissero nel meridional clima i Francesi(365). Pensasserlo o no, Carlo e Pietro uomini eran ambo da meritare l'accusa. Ma forse la sfida non fu che un appello alla opinione pubblica alla guisa dei tempi; come un Pietro e un Carlo d'oggidì farebbero con promulgar dicerie d'umanità, legittimità, bilancia di potere, comodi de' commerci, bene de' popoli.
E Pietro ebbe il destro d'esplorar pei messaggi affaticantisi in que' riti cavallereschi, la condizione e postura de' nimici, su i quali s'apprestava a portar la vera guerra(366): e volle incominciarla con infestagion di truppe leggiere, che riconoscesser meglio il paese, e gli coprisser lo sbarco. Ondechè sapendo da Bertrando de Cannellis, reduce dal campo francese, come duemila cavalli e altrettanti pedoni a mala guardia se ne stessero alla Catona; mosso ancora dal pregar degli almogaveri, ch'anelavan battaglia e bottino, il sei novembre appresso il tramonto, fea partir chetamente da Messina quindici galee con un grosso di fanti sotto il comando del suo natural figliuolo; cui pur non affidò altrimenti il disegno, che in un plico da schiudersi in mare. Colto all'improvvista così a profonda notte il presidio della Catona; fatto assai strage e prigioni; volti in fuga i più; e incalzati infino a Reggio: che fu trapasso degli ordini, pericolosissimo perchè raggiornava.
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