Questi condotti dal principe e da' conti d'Alençon, Artois e Borgogna del sangue reale di Francia, e spesati in parte dal papa(372), con assai altri cavalieri passavano in Italia in due schiere, tra la state e l'autunno ed(373) alle Calabrie avviavansi, dove sempre furono combattute le guerre dei due reami di Sicilia e di Puglia, e gli uomini per somiglianza d'indole e paese, più tennero a' vicini d'oltre lo stretto, che a que' di terraferma. Al tempo medesimo, il papa consentiva a Carlo, che ne' presenti pericoli dello stato mettesse presidio nelle fortezze di Monte Casino, e in tutt'altre possedute da corpi ecclesiastici nel regno suo, sotto fede di restituirle a ogni cenno della Chiesa(374). Ed egli, sentendosi per tali aiuti più sicuro in quelle province, partì come per andarsi al duello, che ancor gliene avanzavano cinque mesi; ma fu che volle ultimar da sè stesso le pratiche con Francia e col papa(375); o sforzato da' tempi a moderare in Puglia la dura dominazione, gli rifuggì l'animo superbo dal farlo con le mani sue proprie. Pertanto, creato vicario generale del regno il principe di Salerno, unico figliuol suo, per nome anche Carlo, e da vizio della persona detto lo zoppo, comandò da Reggio il dodici gennaio milledugento ottantatrè ai magistrati e officiali, che a costui ubbidissero come alla persona sua stessa(376). Altresì gli commetteva lo esercito(377). Ma pria per consiglio de' conti di Alençon, Artois, Borgogna, Squillace, Acerra, Catanzaro, mutò la linea di difesa dalla riva del Tirreno al corso del Metauro; o perchè i nostri tenendo il mare e i boschi di Solano affamavan tutta la estrema punta delle Calabrie(378), o perchè ei pensò adescarli tant'oltre, che in mezzo ai suoi formidabili cavalli s'avviluppassero(379). Perciò, abbandonata Reggio e i contorni, accampò il grosso delle genti nelle pianure di Santo Martino e di Terranova; e posò forti schiere in alcuna terra all'intorno.
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