Perciò la plebe volle scacciare i Francesi, e non potè; contrariata dai suoi stessi, e repressa e castigata due dì poi dal medesimo re Carlo(488). Si propagò il movimento a Gaeta e molte altre terre, che strepitarono un poco, scrivea re Carlo con l'usato disprezzo, e per le medesime cagioni si tacquero(489).
CAPITOLO XI.
Carlo, fatta cruda vendetta in Napoli, s'appresta a un ultimo sforzo contro la Sicilia. Vano assedio di Reggio. Seconda ritirata di Carlo, e audaci fazioni de' nostri, che occupano molte terre in Calabria, val di Crati e Basilicata. Impresa dell'isola delle Gerbe. Sospetti del governo aragonese, e ruina d'Alaimo. Casi dei prigioni in Messina. Morte di re Carlo e di papa Martino. Provvedimenti della corte di Roma. Capitoli di Onorio. Insidia di due frati messaggi suoi in Sicilia. - Giugno 1284-1285.
Il dì medesimo della battaglia, re Carlo trapassava dai mari di Toscana a quei del regno, avendo seco da quaranta galee, portato da prosperi venti, da novelle speranze, finchè a Gaeta il nunzio incontrò, scrivealo al papa egli stesso, di sollecitudine e angoscia. Più che la perduta flotta, il trafisse la morte e prigionia de' suoi gagliardi; del figliuolo sol rammaricossi perch'era un pegno in man dei nemici; talchè nel solito abbandono di rabbia, o infingendosi, imprecavagli: "Foss'ei morto com'è prigione! Che m'è a perdere un prete imbelle, uno stolto che si da sempre a' consigli peggiori(490)?" I terrazzani di Gaeta, che già a stigazion de' loro usciti erano per ribellarsi agli avvisi di Napoli, cagliarono vedendo inaspettato con una flotta il re: il quale non curolli, tirato da vendette maggiori; che tra due pendeva, o inseguir Loria di presente, o sfogare su Napoli(491). A questa come più vicina si volse.
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