Preso fu quella notte un Geraci da Nicotra cavaliere, e dicollato a Messina per fellonia; sendosi una volta recato in parte per lo re di Aragona, e po' fallitogli. Pietro Pelliccia, cavaliere alsì e da Nicotra, incontrò più crudo supplizio. Costui, governando Reggio per noi, da invidia e malvagio animo, avea fatto a furia di popolo ammazzare sette de' maggiori uomini della città: indi catturato per comando di Pietro; e dal carcere si fuggì. Coltolo a Nicotra, l'ammiraglio il da in balìa a' figliuoli di quegli uccisi; che fecerlo in pezzi.
Tornatosi alla sua flotta allo schiarire del dì, l'ammiraglio vide quella di re Carlo far vela per lo mare Ionio, rimontando a Cotrone; onde messosi a inseguirla, trovaronsi a sera, distanti quattro miglia tra loro, alla marina di Castelvetere. Ciò allettò Ruggiero ad esplorar da sè stesso i nimici. Perchè montata una barchetta peschereccia, cheto sguizzando tra le lor navi, ebbe a udire il cicaleccio delle genti; ch'altri lodava lui stesso ancorchè nimico; altri lacerava re Carlo, malurioso e fatto dappoco; e i più anelavano tornarsi a lor case. Corse allor l'ammiraglio un gran rischio, e, come mille altre volte, l'aiutò la fortuna. "Chi è dalla barca?" gli gridò una scolta; e l'ammiraglio pronto: "Povero pescatore; e m'affatico per servigio del re." Ma tornato di presente al suo navilio, prendevi una man di trecento tra Catalani e Siciliani, per assalire Castelvetere, terra a quattro miglia dalla spiaggia. Taciti giungono sotto le mura; non hanno scale, e fansele con le aste delle armi legate insieme; sulle quali un Fasano messinese montò primo tra tutti.
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