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      Donde il legato, impaziente e inesperto di guerra, tanto peggio sbuffava. Garrì una volta di poco animo i capitani francesi; al che re Filippo non potè starsi, che non rispondesse brusco: gran parlar militare ei facea; prendesse le sue schiere e salisse ei primo le chiuse. Un'altra(616) ne toccò il legato da re Pietro, quando ingiuntogli per messaggio superbamente di sgombrare dalla terra della Chiesa e di Carlo re d'Aragona:
      Poco, Pietro lor disse, poco questa terra costa e a chi donolla e a chi l'accettò: i miei maggiori la guadagnavano col sangue; chi la vuole, comprila adesso a tal prezzo(617)."
      Nè millantavasi il grande, il quale con maravigliosa costanza, audacia, e intendimento di guerra si resse tra cotanta rovina, ancorchè da tutti abbandonato, in pena della sua violenza troppa al comando; chè nè esercito avea per sè, nè flotta, nè danaro, nè zelo de' popoli. Com'adunata seppe l'oste di Francia a Tolosa, ma non qual via terrebbe, fidando pur nell'indole de' suoi, che a niun patto non avrebbero sofferto dominazione straniera, chiama all'armi i nobili e le città d'Aragona, che guardino lor confini; ingiunge lo stesso in Catalogna alle città e a' cavalieri del Tempio e di san Giovanni; a Barcellona con la campana a martello, com'era usanza, leva il popol all'arme. Indi, agli avvisi dell'occupato Rossiglione, corre a quelle frontiere; quivi dà ritrovo a ragunarsi le genti; ed egli, soprastato alquanto a Junquera per esser senza forze, penetrando che il nemico presenterebbesi la dimane, gittasi il dieci maggio a prevenirlo alle chiuse, o almeno morirvi re: con ventotto cavalli soli e settanta pedoni, monta sul colle di Paniças, che risguarda da un canto il golfo di Roses, dall'altro sovrasta a una stretta gola di monti, aspra sì, ma la meno in quelle giogaie.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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