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      Sapea inoltre il re, spezzata la flotta francese in varie squadre, a guardia di porti o convoglio delle navi, che di Provenza recavan vittuaglie all'esercito: talchè le galee di Sicilia potrebber ferire alla sprovveduta qualche gran colpo; e, intercetti i sussidi del mare, l'esercito affamerebbe nella Catalogna, diserta e infestata per ogni luogo dalle masnade paesane. Perciò Pietro con lettere e messaggi incalzava l'infante Giacomo, incalzava l'ammiraglio, perchè venisse incontanente la flotta; e ad una volta mandò tre spacci, per una galea e due legni sottili, divisi, affinchè se l'uno mal capitasse, non mancasse un altro: sendo in tutte le imprese di Piero, e massime in quest'ultima guerra, maravigliosa la cura ch'ei ponea nell'ordinare e grandi e picciole cose dassè. Comandava ancora al figliuolo d'inviargli il prigione principe di Salerno, come pegno di salvezza nelle sue estreme fortune. Ma Giacomo, ormai tenendosi in Sicilia come re, e non amando privar sè stesso della flotta nè del principe per accomodarne il padre in Aragona, indugiava; nè fu senza comandi più gravi del re, o forse voler dello stesso ammiraglio, che al fine la flotta partì. Eran da quaranta galee, siciliane la più parte, che osteggiando sull'Adriatico, avean preso Taranto e altre città, e speravano acquisti maggiori, quando fu forza voltare per Catalogna. Di questo viaggio narra Speciale, che la vigilia dell'Assunzione della Vergine, navigando presso la Goletta di Tunisi, festeggiavano i nostri con luminarie, com'era costume in Sicilia, ed è anch'oggi.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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