In quel brio avvennesi nel navilio un altro messaggio del re: e, facendo da ciò buon augurio, confortate dall'ammiraglio, più alacri volaron le ciurme a quelle estranie guerre(623).
Tutta la state tenne fermo in Girona il visconte. Re Filippo moveagli assalto ogni dì; percotea le mura coi gatti, la città coi tiri delle briccole, dava scalate, fea scavar le cortine; ma il presidio punto non se ne mosse, opponendo ingegni agl'ingegni, armi alle armi; e in sortite bruciò le macchine, e i balestrier saraceni con mirabili colpi imberciavano, non pure gli scoperti, ma i riparati dietro macchine o case, e gli infermi per li spiragli delle finestre, e chi che fosse a gittata d'arco con due dita di luce da ficcarvi un quadrello(624). E l'oste francese era già scompigliata e consunta. Arsevi, da disagi o aer malsano, una cruda morìa; infierita per la corruzion delle carogne dei cavalli, che a migliaia morivano da punture di tafani velenosi, ingombranti a nugoli la campagna, usciti la prima volta, così il volgo favoleggiò e qualche isterico con esso, dal sepolcro del beato Narciso, profanato dalla nimica rabbia(625). Appigliossi la pestilenza al naviglio sì fieramente, ch'entro poche settimane le ciurme s'ammezzarono, e poi scesero al terzo, e più basso(626). I Catalani intanto dalle poste di Besalu ed Hostalric scorrazzavano per tutto il paese; rapiano i traini delle vittuaglie, in quella carestia portate per mare a Roses, indi su vetture a Girona; sorprendeano le picciole schiere francesi; tagliavano a pezzi gli sbandati; s'arricchivano delle spoglie; vendeano i prigioni; saziavansi del sangue: infaticabili, pratichi, arrisicatissimi, e crudeli.
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