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      Perch'Alaimo, con profferta d'once diecimila d'oro, s'era chiarito innocente appo Alfonso; onde allargati furono egli e l'un de' nipoti, lasciato l'altro ch'andasse in Sicilia a tor la moneta. Ma Bertrando guastò il mercato, riportando Adinolfo in catene a corte di Aragona, e conficcando il re con rimostrare gagliardamente: alla ragion d'impero del re di Sicilia doversi quei tre sudditi macchinatori di tradigione in Sicilia; uomini d'alto affare, da rivoltare a un pie' sospinto il reame, e perdervi Giacomo e i fratelli e la madre d'ambo i re e ogni uom di favella catalana. S'ostinò dapprima Alfonso; ma l'ambasciatore, incalzando, e quasi chiamando il re d'Aragona complice dei traditori, vinse alla fine. Rassegnatigli dunque i prigioni, li imbarca sotto gelosa guardia; fa loro confessar le peccata a un frate minore, pria che affrontasser, diceva, i rischi di tanto mare, pien di pirati e nimici. Sciolsero di Catalogna il sedici maggio milledugentottantasette. Il due giugno, venuti a cinquanta miglia da Marettimo, lieta la ciurma salutò la Sicilia; Bertrando fe' chiamar sulla tolda i prigioni.
      E volto ad Alaimo, diceagli che saziasse gli occhi suoi nella dolce vista della patria; a che il glorioso vecchio: "O Sicilia, sclamò, o patria! molto ti sospirai; e pur me beato se dopo i miei primi vagiti non t'avessi più vista!" Esitò pochi istanti il Catalano, forse per pietà, a queste parole, e ripigliò: "L'animo mio fin qui ti parlava, o signore; or quello del re intender è forza, e obbedire", e spiegava uno scritto.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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