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      Vennero alle linee de' nostri, e furonne ributtati per timor di fraude: tre dì la misera plebe, tra due nimici, arrabbiando di fame e sete, disperata gridava pietà. L'ebbe da Giacomo, salve solo le vite. Agli stessi patti si arrese a dì ventitrè giugno milledugentottantasette, dopo quaranta d'assedio, Rinaldo d'Avella, col legato e le reliquie del presidio: e in quell'istante frate Perron d'Aidone, autor primo di tanto miserando strazio d'umani, per fuggir supplizio, o non sostenere il rammarico dell'impresa fallita, diè rabbiosamente del capo sulla muraglia, e finì suicida quel tempestoso suo vivere(688).
      Lo stesso dì la bandiera siciliana ebbe una splendida vittoria nel golfo di Napoli. Messe in punto le macchine all'assedio d'Agosta, navigò l'ammiraglio a Marsala; ove non trovando i nimici, tornossi al re, e deliberavano di combatter senza indugio l'altro armamento apparecchiato sul Tirreno. Perilchè, rinforzato d'altre cinque galee di Palermo, delle quali fu capitano Palmiero Abate, e promesso alle genti, dice Speciale, un donativo, o piuttosto che fosse buon acquisto a' privati ogni preda di quest'impresa, come porta il Montaner che meglio se n'intendea e a quest'uso attribuisce i maravigliosi fatti di quelle guerre, l'ammiraglio poggiò a Sorrento. Seppevi il sedici giugno pressochè pronta l'armata a Castellamare; andò a riconoscerla egli stesso; e risoluto ad affrettar la battaglia, scrisse una sfida all'ammiraglio nimico, il nobil Narzone. Avea questi, tra teride e galee, ottantaquattro legni grossi; su i quali montò il forte dell'oste, con assai nobili e cavalieri, e quei primi feudatari poco minori del principe stesso, i conti, di Monteforte, di Ioinville, di Fiandra, di Brienne, d'Aquila, di Monopoli, il primogenito di quel d'Avellino: onde questa poi si nomò la battaglia de' conti.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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