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      I quali detti fur tanto ne' commossi animi, che non aspettato il fine, non serbato ordine o modo, prorupper tutti in un grido di: "Guerra al nemico, guerra per la libertà;" e deliberossi per acclamazione. Il popolo applaudendo con maggior foga, chiedeva le armi; agguerrito, non stanco in quattordici anni di guerra(810).
      Cavalcando il re per Messina, lo stesso amore il festeggiò a Polizzi, Nicosia, Randazzo, e per ogni luogo; e più a Messina, gareggiante con Palermo, allor solo in virtù. Quivi per lungo tratto fuor la città si faceano incontro al principe, con bandiere e pennoncelli e signorile abbigliamento, gli uomini di legge, onoratissimi in quel culto popolo; i nobili vestiti di seta, su cavalli ricoperti a drappi di oro; il clero venia salmeggiando; più presso alla città si trovaron brigate di matrone e donzelle, ricchissime di vesti, di gemme, di profumi orientali. Entrò Federigo per le strade parate e sparse di fiori; sotto un pallio portato da nobili uomini; precedendo un araldo che gridava le sue lodi; rispondendo il corteggio e il popolo; e gli stessi bambini, dice lo Speciale, facendo plauso in braccio alle madri. Smontato al palagio, la madre, la sorella che sì l'amava, la prima volta il salutarono re. Confermò ai cittadini messinesi la libertà di mercatare per tutta la Sicilia portando o traendo derrate, ch'era gran privilegio tra' sistemi proibitivi di quell'età, e loro l'avea dato l'imperador Federigo, l'ultim'anno del secol duodecimo(811). Loria allestì l'armata con mirabile prestezza in quest'alacrità della nazione.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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