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      Costui indi punse nuovamente Giacomo che venisse a Roma; diegli le decime ecclesiastiche d'Aragona per l'armamento(843). Giacomo, apparecchiandosi, di febbraio del novantasette mandò per ultimo avviso al fratello il vescovo di Valenza e Guglielmo di Namontaguda, insistendo per l'abboccamento ad Ischia. Ma perchè quei rispondea che ne riferirebbe al parlamento, gli oratori replicarono, che Giacomo anco ubbidirebbe al papa; e Federigo a loro, ch'ei perciò non terrebbe nimico il fratello, e molto meno la nazione catalana e aragonese; e farebbe anco richiamo alle corti. Partiron dunque scontenti gli ambasciadori spagnuoli: Federigo mandonne in Ispagna, e senza miglior frutto; perchè piaceva a que' popoli, sì come al re, la pace con Francia, fors'anco lo stipendio del papa(844).
      Speso in tali vane pratiche il verno, allo scorcio di marzo del novantasette si trovò Giacomo in Italia; senza armata, perchè volea più certo e largo il prezzo del muover guerra al fratello. Ebbelo da papa Bonifazio, che incontanente porgeagli la bolla d'investitura di Corsica e Sardegna(845), sol riserbandosi un anno a ritrattarla se fosse uopo al negozio di Sicilia(846): manifesto disegno di un baratto con Federigo. Nondimeno prendea Giacomo la corona delle due isole; dava il giuramento per lo supremo impero delle armi della Chiesa(847); e ottenne dal papa, che nell'assenza sua di Spagna, il reame stesse sotto la protezion della santa sede, e, che legati di lei, n'avessero cura i vescovi d'Ilerda e Saragozza(848), ed esortassero i popoli alla siciliana impresa.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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