Par che in questo tempo una speranza inaspettata di libertà s'offrisse ad Arrigo, Federigo ed Enzo, figli di Manfredi, per la necessità in cui era Carlo II di far ogni piacere del re d'Aragona, o per altro disegno che non saprebbesi indovinare; e che il disegno o il desiderio di Giacomo si dileguassero prestamente per la ragion di stato che volea sepolti vivi i veri eredi del trono di Sicilia. Dicemmo già ch'essi, con la sorella Beatrice, passaron dalle fasce alle tenebre e all'oblio della prigione. Ruggier Loria alla prima vittoria del golfo di Napoli ridomandò ben la Beatrice, minor sorella della regina Costanza; non però i tre giovanetti ch'avrebbero conteso alla casa d'Aragona ogni dritto su la Sicilia, e, se non dalla corte, certamente dal volgo, si credeano spenti. Carlo II ordinava a un suo cavaliere il venticinque giugno del novantanove, che li traesse dal castello di Santa Maria del Monte; li vestisse, li provvedesse di cavalli, e liberi li mandasse alla corte di Napoli. Ma la storia nulla ci dice di loro; ed è evidente che i nipoti del gran Federigo, o furon vittima di qualche misfatto, o la loro liberazione fu contramandata, o tosto tornarono alla prigione, perchè non s'avviluppasse maggiormente con questi altri pretendenti la gran lite di Sicilia(890).
Il re d'Aragona, che per certo facilmente s'acquetò alla sventura de' fratelli della madre, seppe cavar moneta il più che potea dallo esausto erario di Napoli(891). S'acconciò col suocero che questi gli pagherebbe il rimagnente delle spese della passata impresa, sottilmente computato tra i commissari dei due re, per ventimila quattrocento ottantanove once d'oro, obbligandovi Carlo tutti suoi domini, e specialmente l'isola di Sicilia, se avvenisse di racquistarla; e si pattuì ancora, che ripigliando la guerra, lo Spagnuolo avrebbe pronta moneta, nè si farebbero mancare i sussidi per lo innanzi(892). Crebbero per cagion di sì gravi spese le penurie della corte di Napoli; ch'indi in questo tempo veggiamo, mal sovvenuta da' popoli con mendicati doni più tosto che tasse, vender gioielli, e più precipitosamente ingaggiarsi co' mercatanti toscani che le davano in prestanza, le maneggiavano i cambi, e, come co' falliti si fa, toglieansi in pagamento le entrate più spedite(893). Portan la stessa sembianza gli stentatissimi pagamenti alle soldatesche di Giacomo(894); la sollecitudine della romana corte a farsi promettere da quella di Napoli il valsente di tanti poderi, per la massa enorme de' debiti che si erano ammontati, di censo alla Chiesa, d'imprestiti dei suoi mercatanti, di sovvenzioni per la guerra, di sovvenzioni per la dote della figliuola, con che comperaron Giacomo re d'Aragona(895). Per questi travagli ancora, re Carlo vedea nel reame di Napoli prorompere assalti e guerre private, come avviene ove mal reggasi il freno degli ordini pubblici(896); avea a temer sudditi volti a praticare con quegli stessi minacciati ribelli di Sicilia(897); era necessitato a porre magistrati con istraordinaria autorità nelle città più grosse, ove i consueti modi del reggimento rendeansi inefficaci(898). Donde furono debolissimi in tal tempo i nerbi di guerra d'un reame, che dapprima avea armato contro la Sicilia tanti eserciti, tante flotte; nè per numero d'uomini, nè per mole di preparamenti fallò che non la domasse.
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