Federigo e Perrone Rosso, Ansalone e Ramondo Ansalone, Jacopo Scordia, Jacopo Capece e altri nobili di Messina perironvi; poi per istanchezza si cominciò a far prigioni, a dar di mano al bottino. Pier Salvacossa, fuggitosi non a Messina col re, ma ad Ischia, vilmente cercò la grazia de' vincitori con render l'isola, ch'avea tre anni prima difeso con singolare virtù(910). Diciotto galee andaron prese; da seimila de' nostri morti nella battaglia, o dalla rabbia de' vincitori. Questa fu la giornata del capo d'Orlando; perduta per incapacità di cui comandava, e minor numero e temerità de' combattenti: ed allora la fortuna per la prima volta mostrò, lamenta Speciale trasportato da amor di patria, potersi vincere in naval battaglia i Siciliani, che per diciassette anni, in guerre diverse, in orribili scontri, e su lontanissimi liti stranieri, avean riportato senza interruzione incredibili vittorie(911). Gli storici guelfi, credendo sparger vergogna su i Siciliani, perdenti sì ma con onore poco men che di vittoria, portan rovinate le sorti della Sicilia, tolta ogni difesa, certissimo il soggiogamento, se non che Giacomo nol volle; e a lui appongon anco che chiudesse gli occhi alla fuga di Federigo: non probabili cose, anzi non vere, come il seguito degli avvenimenti dimostrerà.
CAPITOLO XVII.
Giacomo, lasciato Roberto in Sicilia, tornasi a Napoli, indi in Catalogna. Ambo le parti s'apparecchiano a continuare la guerra in Sicilia. Dansi a Roberto varie città; è presa Chiaramonte; altre resistono.
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