Tradimento di alcuni cittadini, che chiamano in Catania i nemici. Effetti di questo nell'isola. Nuovi passi di papa Bonifazio. Sbarco del principe di Taranto. Battaglia della Falconarìa, ove egli è sconfitto e preso. Inganno e combattimento di Cagliano. Luglio 1299, febbraio 1300.
Per molto sangue de' suoi e vergogna e rimorso, seppe amara a Giacomo questa vittoria. Al far la rassegna delle genti catalane, scorgendo tanto numero d'uccisi, non meno gregari che condottieri e nobili, sclamava: non aver vinto, no, l'infelice giornata. Ma recatigli a funate i nostri prigioni, chinò vergognoso la fronte, nè seppe fare risposta a un vegliardo, che spiccatosi dalla torma, scrive Speciale, squadernò in volto al re quante più pungenti rampogne avean saputo ritrovargli le siciliane lingue fin dal suo primo abbandono; e "A te non chieggiamo, sclamava, il sangue che versammo per mantenerti sul trono, che rifar tu nol puoi, nè il vorresti; ma renda la nazion catalana, sì altera di libertà ed onore, renda i siciliani navigli suoi liberatori, che la tempesta affondò nel mar del Lione!" Le quai parole, o fosser vere, o immaginate dallo storico a ritrar ciò che fremea l'opinion pubblica, peggio or ferivano gli animi de' Catalani, per cagion del poco utile ch'e' traean dalla colpa. E in vero dal guerreggiare in Sicilia, Giacomo avea tutto il carico, gli acquisti casa d'Angiò: e anco gli stipendi correan male, per penuria di Carlo, slealtà di Bonifazio; il quale avea ben sovvenuto danari per l'armamento, ma quando gli parve lanciato Giacomo pell'arena, ei chiuse la borsa(912). Donde il re d'Aragona, che in accorgimenti non era secondo a niuno, si cavò lesto di briga.
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