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      In questa vendetta le genti angioine fur sole; nella rapina fur prime: spigolarono dietro a loro i saccardi di Vizzini, seguenti con vergogna le armi straniere. Di qui voltasi l'oste a Catania, s'attendò nelle vigne dell'Arena; e dopo tre dì si ritrasse inaspettatamente, fidando in una pratica, più che nella forza, contro città sì grossa, comandata da Blasco Alagona. Per dar tempo al tradimento, assaltava Aidone; respinta dapprima per la virtù di Giovenco degli Uberti, capitan della città, intromessa il dì seguente per accordo. Ma posto il campo a Piazza, trovò riscontro assai duro. Perchè Guglielmo Calcerando e Palmiero Abate, con un nodo di sessanta cavalli, trapassarono folgorando per mezzo gli assedianti; e serratisi nella città, rafforzaronla col nome, con la virtù, con la riputazione di quel fresco prodigio. Indi il duca dal pian di San Giorgio, l'ammiraglio dalla fonte di Vico, invano entrambi strinser la terra, mandarono ad offrir patti, mossero assalti. I cittadin di Piazza rispondeano alle parole: avere fermato, già gran tempo, i lor cuori; morrebbero, non arrenderebbersi mai. Sostennero il detto con una virile difesa. Onde Roberto, perdutavi assai gente, si levò dall'assedio; sfogò con guastar le campagne; e avviossi a Paternò(924).
      In questo tempo Federigo, sapendo minacciata Catania, v'era sopraccorso da Messina, nè avea trovato il nemico; donde tutto lieto, convocati i cittadini a parlamento, fece loro assai belle parole; e per tutti risposegli Virgilio Scordia, tenuto uom di virtù romana(925), per seguito e riputazione primo nella città. "Chi avrebbe mutato, arringava focoso costui, la libertà sotto tal principe con la tirannide straniera?


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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