Di questa non s'era dileguata, no, la memoria; vedeansi ancor tinti di sangue francese i sassi e le mura, per ammonire ogni Siciliano a guardarsi dalla vendetta; nè era chi non fosse pronto a dar la vita per Federigo, cresciuto tra le lor braccia, fatto re e stato lor padre. Se un insensato qui vive con animo a te maligno, s'apra la terra sotto a' suoi passi, e l'inceneriscan le folgori!" Così parlava il traditore, indettatosi poc'anzi a dar Catania a' nemici. E Federigo, preso da quei fedeli sembianti, ripensava tra sè come rendergli merito; fatto or sì cieco al fidarsi, quanto fu lieve altre volte a sospicare: talchè or tenne raccoglitor di calunnie Blasco Alagona, che gli svelava gravi indizi delle pratiche di Virgilio. Seguì dunque a chiamar padre costui della patria; a Blasco rispose, amerebbe anzi perder Catania che macchiare con un solo sospetto la fama di tal grande: al che Blasco, accorto o sdegnato, risegnava il comando della città; e il re commettealo al conte Ugone degli Empuri, buon guerriero e non altro; facendo maggior assegnamento sull'aura popolare di Virgilio Scordia. Così andò via sicuro a Lentini, Siracusa, e altre grosse terre del val di Noto, e infine a Castrogiovanni(926); ove fe' lunga dimora, e diede o raffermò privilegi alla città di Caltagirone, che mostrano la sollecitudine del re a far parte per sè co' favori speciali, come usavan contro lui studiosamente i nemici(927).
Era in Catania un Napoleone Caputo, cittadino di minor seguito che Virgilio, di pari ambizione; gareggianti amendue nel favor del popolo, nella munificenza del re; e perciò da gran tempo nimici.
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