Ed or nello scellerato proposito s'affratellarono; perchè Virgilio, non potendo far senza i più ribaldi, inchinossi a richieder Napoleone; questi, com'uom da meno, lietamente gli corse nelle braccia; e l'interesse fe' perdonar dall'una e dall'altra parte le offese. Congiurati dunque tra lor due, o con pochissimi più, taccion ogni cosa a' loro partigiani medesimi; finchè nacque l'occasione che Federigo, proponendosi uscire alla campagna contro il nimico, scarso di vittuaglie e ributtato da' più importanti luoghi; chiamava i popoli alle armi; chiedea da Catania settecento uomini. Scrissene il re ad Ugone; questi consultò con Virgilio come ottener tal sussidio dalla città; e Virgilio il promettea, sol che si chiamasse il popolo a parlamento nel duomo il dì appresso; egli farebbe il rimanente. E insieme con Napoleone, cominciò e compiè la macchina della sommossa, in quanto avanzava di quel giorno e nella notte appresso; per toglier tempo a pentirsi o scoprire, per usar l'agitamento degli animi che vogliono il ben pubblico senza lor disagio, e per nascondere sotto l'util della città il tradimento alla nazione. Talchè la trama, stata segretissima tra' pochi, in un attimo si distese ai molti senza pericolo: congiunti, amici, clienti, sgherri furo indettati e assegnato luogo ed uficio ad ognuno.
Nel medesimo tempio di Sant'Agata, che cinque anni innanzi suonò di liete voci, gridando i rappresentanti della nazione re di Sicilia Federigo, assembravasi quel giorno il popolo di Catania; entravano alla sfilata Napoleone e i cospiratori armati: Virgilio in abito e sembianti di pace, ito alle case d'Ugone, accompagnollo al tempio.
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