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      Il che mi conduce a considerare come negli ordini feudali non erano i governi sì incapaci a reggersi contro i sudditi, come in oggi si è detto, non vedendo in essi unito e gagliardo quanto a' tempi nostri il poter dello stato. Ma parmi che, s'e' non poteano frenar sì pronti una ribellione; aveano assai meglio da spegnerla con le concessioni feudali di quantunque venissero a perdere i ribelli; tra i quali, chi per conservare i propri beni e chi per occupare quelli dei più ostinati, moltissimi si trovavan disposti, non che a tornar essi alla ubbidienza, ma con forza, ambito, frode, domare i compagni; e gli stessi leali da somiglianti cupidigie erano sospinti a sforzi, che il semplice zelo non può. Una parte della nazione così armavasi contro l'altra, più rabbiosamente ch'oggi non avverrebbe, per gli ordini stabili della proprietà; sendo assai minor massa di premi le pensioni e gli ufici, che a' governanti restano a dispensare. E però veggiamo larghissime le concessioni feudali, che Roberto, usando il potere di re, facea da Catania in quel tempo, e Carlo ratificava da Napoli, non che ai complici di Virgilio nella tradigione, ma ai nobili che in appresso voltaronsi a parte angioina; e veggiamo tra costoro grandi nomi, o di tali che dovean tutto lor essere a Federigo; e molte terre di val di Noto darsi a parte nemica, dietro la occupazione di Catania, che parea il crollo a' nostri destini. Noto, per briga d'Ugolino Callaro(929), uomo di gran nome e compare del re; Buscemi, Feria, Palazzolo, Cassaroe, tratte da' mali esempi, diersi al nemico; Ragusa ancora, ove un prete Omodeo, sotto specie di confessione, tramò con parecchi cittadini, e costoro non attentandosi al misfatto senza un valente uomo per nome Francesco Balena, van di notte alle sue case armati, minaccianlo della vita, ed egli infingendosi d'assentir per timore, audacissimo poi operò al reo intento, e asseguillo, cacciato il vicario di Manfredi Chiaramonte che tenea la terra, e chiamato da Vizzini Guglielmo l'Estendard(930). Virgilio Scordia e' consorti, in questo tempo non se ne stavano al proprio tradimento, che non si affannassero a tirarvi altri uomini, altre terre, tutta l'isola se possibil fosse(931). E per tali condizioni de' tempi e principî di corruzione della morale politica in Sicilia, è tanto più mirabil cosa come, dopo la sconfitta del capo d'Orlando, con quei grandi appresti di guerra, e la presenza di Ruggier Loria, e nerbo di fortissimi Francesi e Catalani, la corte angioina se guadagnò con le pratiche da trenta città, terre o castella(932), niuna n'ebbe con le armi, da Chiaramonte in fuori; e come Federigo, o piuttosto la parte della rivoluzione siciliana che operava con esso, non ostanti le raccontate tradigioni, manteneva in faccia al nemico tutto il rimanente dell'isola, e non poca parte alsì di Calabria.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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