Filippo combattendo s'avvenne in un Martino Perez de Ros, fiero e forzuto, che' l percosse di mazza; e 'l principe gli die' due punte tra le squame dell'usbergo; ma il Catalano col suo ferro tentando invano tutta l'armatura al nemico, il ficcò alfine nella visiera con leggiera ferita: e indi vennero alla prese; e aggavignati stramazzarono entrambi giù da' cavalli. Già Martino lottando, soverchia l'ignoto guerriero; già alza il pugnale per ispacciarlo, quando questi: "Beata Vergine! sclamava, son Filippo d'Angiò"; e l'altro soprattenne il colpo, ma non lentava il principe, e a gran voce chiamava Blasco, ingaggiato lì presso a finir lo sbaraglio della schiera nemica. Senza lasciarla, bollente e infellonito, comanda Blasco a due almugaveri: "Segategli la gola; paghi l'assassinio di Corradino;" e periva Filippo d'Angiò d'ignobil morte, se in questo non si levava un romore tra i nostri: "Il nimico, il nimico!" scoprendo i dugento cavalli napolitani del centro, allorchè si dileguarono in rotta gli squadroni della dritta; onde Blasco pur pensò a Corradino, sconfitto a Tagliacozzo mentre tenea la vittoria; e tutta l'oste siciliana avventossi contro la novella schiera. Federigo, saputo il pericolo di Filippo, corre a lui; lo strappa a' due almugaveri; e fattegli tor le armi, il dà in guardia a' suoi(941).
Così fu vinta la giornata della Falconarìa. Il conte di Sanseverino s'arrendè, poichè vide non potersi rattestare i fuggenti. Bartolomeo e Sergio Siginolfo, Ugone Vizzi, Guglielmo Amendolia e altri nobili, caddero al pari in poter de' nostri.
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