Indi surrogato a condur l'impresa il conte di Brienne, costui con tutti que' valorosi e i trecento cavalli, s'avviava a Gagliano. Il nipote di Montaner li guidava.
Ma d'ogni passo del doppio tradimento il castellano avea ragguagliato Blasco Alagona, il quale tenea spiatori in que' contorni; e sapendo in via i nemici, con Guglielmo Calcerando e le siciliane genti, s'imboscò presso Gagliano. Temerari, e spensierati per conscio valore, andavano i Francesi. Forniti due terzi della via, a Tommaso di Procida corse alla mente un sospetto; e spronando verso il conte, il pregava non si mettesser così nelle tenebre della notte per greppi e gole ignote; pensasser ch'erano in terra di nemici; ei cavalcherebbe innanzi ad esplorare i luoghi, ch'avea tante fiate battuti in cacce, com'ei fu un tempo signor di Gagliano. E il conte gli die' del codardo. "Con cotesti allato, dicea, tutta la Sicilia unita non temo." Pervenuti tra sì fatte parole presso all'agguato, la guida li fe' sostare; disse andrebbe ei solo al castello, per evitar che il presidio, accorgendosi d'inganno, non trucidasse Montaner e rovinasse ogni cosa. La schiera indi fermossi: il traditore andò a trovar Blasco all'agguato.
Blasco avea al chiaror della luna veduto luccicare le armi, sventolar le insegne; avea disposto i suoi; ma il generoso animo non soffrì d'assaltare alla sprovveduta, notte tempo, da masnadiere. Fa dar fiato a' corni; fa gridar presso all'ordinanza nemica: "Blasco Alagona." A tal nunzio nacque uno scompiglio ne' traditi.
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