CAPITOLO XVIII.
Forze di Federigo e de' nemici, e pratiche di Bonifazio. Trattato di Carlo II con Genova. Pratiche di lui in Sicilia. Armamenti navali; battaglia di Ponza; trattamento de' prigioni siciliani, e morte di Palmiero Abate. Continua con poco frutto la guerra. Naufragio della flotta di Roberto. Congiura contro la vita di Federigo. Blocco di Messina; orribil carestia; e virtù del re. Tregua. Dalla primavera del 1300 a quella del 1302.
Nondimeno queste due vittorie poco fruttarono a Federigo, come nè la sconfitta del capo d'Orlando l'avea spogliato al tutto delle Calabrie. E fu per cagione della difficoltosa espugnazion delle terre, secondo l'arte militare d'allora; e assai più pe' vizi dell'ordinamento feudale, ai quali, per ben comprendere questi avvenimenti, dobbiamo spesso tornar col pensiero, noi che in questo secolo, in vizi contrari viviamo. A un assalto nemico, lo stato mal connesso tutto si sgomenava; si spicciolavan le armi per ogni terra, pensando ciascuno a guardarsi dassè, più che a rinforzar l'oste regia; e assai lenti sviluppavano tutti i casi della guerra: ondechè, se ne togli alcun subito sforzo, d'altronde nè universale nè durevole, picciola parte delle forze dello stato restava a maneggiarsi dal principe.
E così parrà men temeraria quella ostinazione di Federigo a ricombatter sul mare, con disparità di numero, e Loria a fronte; perchè in mare almen potea adoprare unite e ristrette tutte le forze, e scansava lo scompiglio al di dentro. Che se allo sbarco del principe di Taranto, s'infiammaron tanto gli abitanti di val di Mazzara, che popolarmente seguiano il re a rituffar in mare il nemico, e guadagnavan la battaglia della Falconarìa, tornaronsi a' consueti esercizi delle industrie, quando non videro altra occasione a far oste, che in tediose e aspre espugnazioni.
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