Ma Bonifazio era il più potente aiuto, anzi il principe dell'impresa, con quel comando pontificale, quel grande ingegno, e veemente e alto animo. Intende costui nei primi dell'anno trecento, come re Carlo, per pietà del figliuol prigione, o tedio e spossamento, abbia dato ascolto ad oratori di Federigo; e prorompe a scrivergli atroci rampogne; conoscerlo già da lunghi anni, per la vil tregua di Gaeta, la disennata pace con Giacomo nel novantacinque, la stolta fazione del principe di Taranto; e così dalla sua pochezza tornasse danno a lui solo, non alla romana Chiesa o a cristianità tutta! Che saviezza, che riverenza al sommo pontefice, che gratitudine ei mostrava, a trattar di soppiatto la pace con Federigo! Perciò, il pontefice era necessitato ad ingiungere ad uomo sì incapace, non osasse continuar la pratica, senza comandamento scritto di lui: se disubbidisse, sentirebbe il peso di scomuniche e processi; e il papa, ch'aveaci speso tanta fatica e danari, saprebbe allo estremo far pace egli con Federigo, a danno della sola corte di Napoli, perchè non si ritardasse il racquisto di Terrasanta. Queste acerbe lettere scrisse il nove gennaio, replicò poco appresso: e ben mostrano chi fosse in quel tempo il sovrano di Napoli, se Carlo II o Bonifazio(956).
Carlo allor venne a lui tutto supplichevole, insieme con l'ammiraglio: l'uno per discolparsi, entrambi per chieder soccorsi, da ristorar la fortuna precipitata alla Falconarìa. E il papa, che non sapea perdonar questo rovescio, forte rampognò, ma forte insieme aiutò. Chiama a sè i cavalieri del Tempio e dell'Ospedale di san Giovanni di Gerusalemme, che rechino in aiuto di Carlo tutte lor armi stanziate di qua dal mare; ne richiede anco le città guelfe d'Italia.
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