Narro non parti d'immaginativa, ma orribilità certe, che i nostri antichi durarono a salvamento della siciliana libertà, per lasciarne retaggio, mal guardato da poi. Allo scurar della notte crescea l'orrore in Messina, cresceano i lamenti; usciano a gridar pane, non i mendici, ma gli agiati, pelle ed ossa, scrive lo Speciale, vergognanti a mostrare il dì quelle spunte sembianze; e molti la dimane si trovavan per vie e piazze morti, qual di fame, qual dalla malignità degli scarsi e schifi alimenti. Talchè uno strazio, un compianto era per tutto il paese; caduta ogni baldanza agli uomini più valenti; le leggiadre donne, non attendendo ad ornamento e cura della persona, squallide mostravansi; e pargoletti si vider morire in braccio alle madri, poppando senza trarre una goccia dal seno inaridito. Niccolò Palizzi, cittadino e governador di Messina, meritò in questo frangente somma lode di coraggio, umanità, antiveggenza, inespugnabil costanza; tra tanti pericoli e inevitabil balenare della popolazione, fu infaticabile e grande nel provvedere, con tal giusta misura, che si assicurasse la città dagli attentati de' male contenti, e si risparmiasse il sangue pur de' colpevoli. Da pochi all'infuori, ugual virtù ebbe il popol tutto di Messina, due volte salvator della Sicilia nella guerra del vespro; il prim'anno, con quel memorabil valore contro la forza viva di Carlo; e l'ultimo, con questa più maravigliosa perseveranza contro lo strazio della fame, lento, inesorato, inglorioso, fiaccante corpi ed animi insieme(1031).
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