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      Federigo dunque, dolente com'egli era della perdita di Blasco, fa spigolar quanta vittuaglia poteasi in val di Mazzara, e montando a cavallo, vien ei medesimo alla scorta, senza pensare a sè, ma solo al popolo; talchè sostando alquanto a Tripi, dopo lungo cammino, due pan d'orzo e un fiasco di vino, che a caso si trovò un de' famigliali, furono la sola imbandigione del re; e sfamatosi, gittossi a terra, facendo guancial dello scudo; e riposato qualche ora, rimontò per fornire la via. Giunto presso alla città, manda i viveri, e torna indietro a raccorre nuovo sussidio, perchè bastavano appena a tirar innanzi pochi dì. Tosto rivenne dunque con altri grani, altri armenti: e allora entrò in città; allora gli occhi asciutti tra lo scempio del capo d'Orlando, sgorgaron lagrime al veder il popolo macerato, che sforzavasi a gridargli evviva.
      Donde consultando con Palizzi, deliberossi a rimedio, crudo, ma men del male. Perchè i soccorsi di vittuaglie non si dileguino in un baleno, bandisce che la gente più mendica e invalida alla difesa, esca di Messina con lui, e sarà condotta in luogo ov'è cibo. Allora l'irresistibil talento della conservazione di sè stesso, portò casi che da lungi s'estimano spietati: abbandonar patria, parenti, quanto v'ha di più caro; e lagrimando, scrive Speciale, ma non aspettando i figli il padre, la sposa il marito, una squallida moltitudine incominciò a poggiare su per la via dei colli: e Federigo, raccomandata la città al forte Palizzi, spogliatosi nel duro incontro ogni fasto di re, ai miseri spatrianti si fe' compagno.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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