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      Certo egli è dall'un canto, che Federigo non pagò giammai censo a Roma(1071); che non mandò le milizie; ch'indi a pochi anni ruppe nuovamente la guerra; che ripigliato l'antico titol di re di Sicilia, mandò in un fascio e trattato e papal costituzione(1072); che infine fe' riconoscere dal parlamento la successione di Pietro II, onde il legal voto della nazione dileguò del tutto i vestigi di tali vergogne, se alcuno ne potea lasciare il fatto del solo Federigo contrario alle leggi. Dall'altro canto è da considerare, che la guerra l'avea stracco; che puzzavagli la licenza dei baroni e de' soldati mercenari; che gl'increscean forse gli stretti limiti della costituzione del novantasei; e sopra ogni altro, ch'ei non fu sì grande come il presenta la istoria, che mal serba misura nel biasimo o nella lode. Ebbe Federigo animo gentile, affabile, adorno dalle lettere, dato agli amori, pieghevole alle amistà, ma troppo, sì che reggeasi a consigli di favoriti: e ne nacque il turbolento patteggiar della sua corte, che 'l portò ad estremo pericolo con la ribellione di Ruggier Loria, e posate le armi di fuori, accese in Sicilia le dissenzioni civili. Nei maneggi di stato non fu molto accorto o magnanimo, nè coraggio politico ebbe, al paro che 'l soldatesco, questo principe, che nel novantacinque si lasciò raggirar da Bonifazio, e per poco non tradì i Siciliani, nè spegner seppe, nè accarezzare i suoi baroni; e dopo questa pace, ripigliando le armi al tempo dell'imperadore Arrigo di Luxembourg, troppo osò, poco mantenne; meritò nota, ancorchè troppo severa, di avarizia e viltà, da quel Dante ch'a lui s'era volto, come all'erede del grande animo di re Pietro.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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