Sì duro ei tirò, che la ruppe. L'antagonismo delle schiatte, il sentimento di nazione latina fece sentir più duramente il governo tirannico; che anche antico e nazionale spinge i popoli a ribellarsi come il possano. De' due popoli si mosse anzi il Siciliano che l'altro, o per l'indole più ardente, o per maggiore oppressione; perchè la corte, tramutata in terraferma, era quivi compenso ai mali comuni, e rispetto all'isola nuovo oltraggio politico, e danno materiale; onde, dopo la rivoluzione, lo stesso Carlo I e Carlo II si fecero a profferire special governamento alla Sicilia, e vicario con larghissima autorità, e moderate leggi: rimedi che dati a tempo avrebbero forse distornato i tremendi fatti del vespro, ma sì tardi non trovarono chi li ascoltasse. La congiura o non operò nel movimento, o poco l'affrettò. L'occasione al tumulto potea tardare; potea riuscir male la prima, la seconda prova; non fallire la rivoluzione, in tal disposizione de' popoli, e assurda nimistà de' governanti.
Come per forza d'incanto, al primo esempio che lor balenò innanzi agli occhi, si rifecer uomini quegli imbestiati in vil gregge. Tremavano a un guardo; sospettosi tra loro; selvatichi e fieri, pur senza saper levare un pensiero al resistere; incalliti alla povertà, alla ingiustizia, al disprezzo, al disonor nelle famiglie, alle battiture sulle persone; sol ritraenti dell'umana dignità nell'odio che chiudevano in petto: e chi in cotesti avrebbe riconosciuto il legnaggio d'Empedocle, Dione, Archimede; de' compagni di Timoleone, dei vincitor d'Imera?
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