Ne messe il partito Messina, tuttavia grande e vigorosa, nel parlamento del millequattrocentodieci; e nol potè vincere, nei contrasti de' baroni di legnaggio catalano, che aveano in sè tutti i vizi di faziosi, di ottimati e di stranieri. Indi la Sicilia sofferse la dominazione spagnuola, col magro compenso del nome e forma di reame, e della integrità delle antiche sue leggi nell'amministrazione delle entrate pubbliche, della giustizia, e degli altri negozi civili. Fu accoppiata sotto la medesima dominazione straniera col reame di Napoli, come due servi a una catena. S'impicciolirono gli animi, crebbe la superstizione, si offuscarono, dirò così, gl'intelletti, imbarbarirono i popoli, lasciati a contender di cose deboli e puerili; e ogni cosa andò al peggio sino all'esaltazione di re Carlo terzo, quando furono ristorati entrambi i reami, e l'incivilimento dell'Europa sforzavasi nella faticosissim'opera di ritirare all'uguaglianza i figliuoli d'Adamo.
E questo lungo letargo della dominazione spagnuola, che guastava gli uomini e conservava le forme, cercava danaro e ubbidienza, e del resto non si curava, fe' durare sì, ma poco fruttuosa, infino a' primordi del secol decimonono, l'antichissima pianta della costituzione normanna, riformata nella rivoluzione del vespro. Stava il parlamento, ma diviso, come diceasi, in tre bracci, ecclesiastico, baronale ossia militare, e demaniale; se non che i baroni non eran più guerrieri; la rappresentanza popolare era ristretta alle poche città del dominio o demanio regio; e queste tre camere, perchè fossero più docili, spartitamente si assembravano, e deliberavano; la deliberazione di tutte, o di due sopra una, era voto del general parlamento.
| |
Messina Sicilia Napoli Carlo Europa Adamo
|