La sue parole son queste: Vicina hic Prochita est, parva insula, sed unde nuper magnus quidam vir surrexit, Johannes ille qui formidatum Karoli diadema non veritus, et gravis memor iniuriae, et majora si licuisset ausurus, ultionis loco huic regi Siciliam abstulisse, etc. (tom. 1, pag. 620). Non è fuor di proposito qui aggiugnere, che il Petrarca fu attenente alla corte di Napoli; e ricordare un diploma di re Roberto, dato il 2 aprile 1331, che lo eleggea suo cappellano, citato dal Vivenzio, Istoria del regno di Napoli, tom. II, pag. 358.
Prendendo adesso a dir degl'istorici, strettamente contemporanei tutti, che o non parlano di pratiche antecedenti al vespro, o non attribuiscono a quelle il vespro, io mi sento ripetere, che ai Siciliani e agli Spagnuoli poco sia da attendere, perchè vollero per amor di nazione passar sotto silenzio la congiura. E io ammetto questa diffidenza; e mi guardo dalle reticenze e dalle esagerazioni che si debbon trovare negli scrittori di questa parte; ma niuno dirà, che i fatti debban piuttosto cercarsi in quelli delle altre genti, lontane di luogo o di commerci; e che tra due classi di partigiani, se pur si voglia, meritino maggior fede gli avversi a noi, che i nostri. Indi è bene degli uni e degli altri dubitare, e starcene a più sode autorità: e così m'ingegnerò di fare; fidandomi di me in questo, che l'amor della patria grandissimo, mi conforta anzi a onorarla col vero; che a pargoleggiare con poveri inorpellamenti.
Di questo vizio in vero non so condannar l'anonimo che scrisse in latino la Cronaca di Sicilia, pubblicata in varie collezioni, e più correttamente dal di Gregorio (Bibl. arag., tom.
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