VIII, p, 1155) che si trattava di matrimonio tra un figlio di Pietro e una figliuola di Carlo; che l'Aragonese s'infinse di andar sopra gl'infedeli, e: sub specie pacis et parentelae abstulit fraudolenter, etc. il regno di Sicilia. Questo fraudolenter non si riferisce ad altro che alle sembianze di pace, perchè la Cronaca narra del vespro (ibid., p. 1151) che i Siciliani rebelles fuerunt regi Karolo, e uccisero i Francesi. Nulla di congiura coi baroni siciliani; anzi aggiugne, che Pietro fè l'impresa di Sicilia aiutato dal re di Castiglia e dal Paleologo.
La Cronaca di Parma, contemporanea anch'essa, narra il caso un po' diversamente dagli altri. Un Francese percosse del piè un Palermitano; indi la rissa, il grido universale, e la strage; et Siculi miserunt pro dicto regi Aragonae; e continua una breve narrazione degli avvenimenti (in Muratori, R. I. S., tom. IX, pag. 801, anno 1282). Non vi è traccia di accordi nè di trame.
Fra Tolomeo da Lucca, pure contemporaneo, particolareggia le pratiche di Pier d'Aragona col Paleologo, e afferma aver visto il trattato. Papa Martino, a sollecitazione di Carlo, scomunicò l'imperator greco; questi mandò a Pier d'Aragona, Giovanni di Procida e Benedetto Zaccaria da Genova, con moneta; l'Aragonese allestiva l'armata; domandato dal papa, rispondea: taglierebbesi la lingua anzi che dir lo scopo. Dietro ciò viene il tumulto di Palermo, scoppiato per le molte ingiurie che si soffrivano; e seguon minutamente i fatti. Una sola vaga parola ci ha da notare, che la rivoluzione seguì, fovente il re Pietro, per le sollecitazioni della moglie.
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