Paolino di Pietro, contemporaneo, mercatante fiorentino, e scevro, per quanto si ritrae, da studio di parte in queste nostre vicende, racconta la sollevazione in queste parole, che per la grazia della lingua e semplicità antica ci piace trascrivere: E incominciosse in Palermo, perchè andando ad una festa per mare, alquanti di Palermo fecero lor segnore, e levaro un'insegna per gabbo ed a sollazzo; ed alquanti Francesi per orgoglio la volsero abbattere; e quelli non lasciando e difendendola, vennero alle mani; e i Palermitani non curandoli in mare, ed i Franceschi non credendo ch'elli avessero l'ardire, combattero ed ucciserli. Per la qual cosa la terra fu sotto l'arme; e li Franceschi combattendo con li Palermitani, per paura di non morire tutti, si difesero, ed ucciserli tutti, e grandi e piccioli, e buoni e rei. E poi alla sommossa di Palermo, che parve opera divina ovvero diabolica, tutte le terre di Sicilia fecero il somigliante; sicchè in meno d'otto dì in tutta la Sicilia non rimase, niuno Francesco. Il re di Raona, sentendo questo, fece ambasciatori, profferendo avere e persona, e ritornò di qua, non avendo sopra Saracini acquistato niente; ed arrivò in Sardegna; ed ivi stando ebbe dai Siciliani ambasciadori e sindachi con pien mandato; e andò in Sicilia; e di volere si fece loro re (Muratori, R. I. S., Aggiunta, tom. XXVI, pag. 73). La quale narrazione, ancorchè diversa dal vero, prova che in Italia s'incominciò a raccontare diversamente il fatto del vespro, errando talor nelle circostanze, e più sovente nelle cagioni, perchè più facile è; ma che Paolino di Pietro s'imbattè solamente negli errori dei fatti.
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