E con un'apostrofe lunghissima a quel re, gli torna a mente averlo lodato a cielo per tutta Italia, e avere commendato la sua dominazione; ma non sapergli perdonare due colpe: avarizia e negligenza. "Tante battaglie, sclama, hai vinto e vinceresti; e inespugnabili stanno questi due vizi!" Salta di qui al fatto del vespro (Bibl. aragonese, tom. II, pag. 331 a 354); il quale appone agli oltraggi recati alle donne e non ingozzati dagl'indocili nostri bravi: il progresso della rivoluzione ritrae in guisa da non lasciar sospetto d'una trama che si sviluppi, ma dar evidenza lucidissima d'una sedizione, che inonda di sangue la capitale, e, fatta gigante, invade tutta l'isola. Malaspina non fa parola, nč prima nč poi, di congiura, d'intesa qualunque tra re Pietro e i baroni o le cittā siciliane (ibid., pag. 354 a 360); nč in tutta la sua narrazione se ne vede orma. Nč questo egli aggiugne a' rimbrotti che mette in bocca a re Carlo nell'accettare il duello (ibid., pag. 388); nč altro appone a Pietro, che essersi armato prima; e aver, dopo lo sbarco in Affrica, domandato a papa Martino aiuti che non poteva ottenere, per trarne pretesto a voltarsi all'impresa di Sicilia, ove i popoli, giā ordinati in repubblica, lo chiamavano al trono. Questo č dunque il peggio, che un focoso partigiano della corte di Roma e di re Carlo, ma verace e inteso dei fatti, sapesse scrivere della siciliana rivoluzione! E niuno mi dirā che Malaspina non potesse saper la congiura; che, saputala, avesse ritegno a bandirla a tutto il mondo!
| |
Italia Salta Bibl Pietro Carlo Pietro Affrica Martino Sicilia Roma Carlo Malaspina Malaspina
|