Passando dalle tradizioni scritte ai diplomi, si potrebbe credere che la corte di Roma, entrata in sospetto di re Pietro, sol per gli armamenti che si vedean fare ne' porti della Spagna pensasse a lui più fortemente, quando ebbe l'annunzio della sollevazione siciliana. Così nella bolla data il dì dell'Ascensione del 1282, cioè 37 giorni dopo il vespro di Palermo, querelasi il papa (Raynald, Ann. ecc., 1282, §§. 13 a 15), che molti protervi intenti a molestare re Carlo e la Chiesa, si sforzassero a raccendere in Sicilia la fiamma della discordia; ad id sua studia inique congerunt; ad id suarum virium potentiam coacervant, manus presumptuosas apponunt, et etiam occulti favoris auxilium largiuntur.... onde ammonisce i re, feudatari, cittadini e uomini qualunque (ibid. §§. 16 e 17), che non si colleghino con le comunità di Sicilia ribelli, nè lor diano consiglio, aiuto, o favore. Ma queste pratiche accennate dalla corte di Roma, tutte presenti e non passate, quand'anche si riferissero a Pietro, sarebber quelle presso la repubblica siciliana per farsi chiamare al trono, non le macchinazioni che produssero il vespro.
Ma poichè re Pietro venne in Sicilia, apertamente il papa a 18 novembre 1282, il dichiarava involto nelle pene minacciate con questa prima bolla (Raynald, Ann. ecc. 1282, §§, 13 a 18): e fermato in questo tempo il duello tra i due re, s'ingegnava a distorne l'Angioino con più ragioni; tra le quali è, che temesse sempre le frodi di quel nimico, che la Sicilia, non in sui fortitudine brachii, sed in papali rebellione detestanda siculi, occupavit; quin verius, de ipsorum rebelliunm ipsam occupatam jam tenentium manibus, clandestinus insidiator et furtivus usurpator accepit (Raynald, Ann. ecc., 1283, §. 8). Così privatamente a Carlo.
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