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      E l'eccidio contemporaneo è prettamente la favola di fra Francesco Pipino, della Cronaca d'Asti, ec,, penetrata appo noi per cronache scritte o per tradizione di ciarle, quando la genuina tradizione nazionale con l'andar de' tempi si diradò. A contrastar dunque la testimonianza di scrittori gravissimi o documenti, non si porti innanzi ciò che il volgo dice.
      Riflettendo poi sulle sembianze politiche della sommossa di Palermo e de' fatti che ne seguitavano, parrà inverosimile, e direi quasi assurdo, il supposto della congiura. Giovanni di Procida, nobil uomo, fidatissimo del re d'Aragona, mosso da amor di patria, odio a Carlo, o devozione all'Aragonese, praticava, secondo il Villani e gli altri della sua parte, perchè Pietro salisse al trono di Sicilia. Praticava con Niccolò, col Paleologo, e co' baroni siciliani. Or lasciati da parte gli accordi con potentati stranieri, che tendean solo ad aggiugnere riputazione e forze a re Pietro, e poteano servir sempre, data o non data la congiura in Sicilia; il trattato di Procida coi nostri baroni dovea mirare a questi due effetti: che scacciassero i Francesi; e che chiamassero il re d'Aragona. I baroni dall'altro canto doveano, pria di gittare il dado, esser certi che Pietro stesse pronto in sull'armi, per aiutarli nel primo principio, o nei primi pericoli; dopo il fatto doveano, o gridar lui re, o almeno prender essi lo stato. Tutto il contrario si ricava dalle testimonianze degli stessi cronisti raccontatori della cospirazione, non che degli altri.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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