Onde si scorge ancora che la cancelleria di Carlo I, ora scrivea direttamente ai due giustizieri di Sicilia, come a quei di terraferma, ed or facealo per mezzo del vicario, sedente allora a Messina. Il diploma del 13 febbraio 1276, citato di sopra, accenna la medesima forma di distribuzione della tassa, per sindichi eletti dalle università, ossiano comuni.
Da un diploma che leggesi in Vivenzio, Storia del regno di Napoli, tom. II, pag. 351, si ricava, che in Principato la proporzione ordinaria della sovvenzione generale era di un agostale a focolare, ossia famiglia.
(49) Nic. Speciale, lib. 1 cap. 2.
Bart. de Neocastro, cap. 12 e 13.
(50) Diploma dato di Melfi a 16 settembre 1269, dove si confessa, che gli abitanti di alcuni casali di Calabria appartenenti al monastero del Salvadore di Messina: de necessitate coguntur proprium deserere incolatum, dum nullatenus possint tam gravia onera sustinere. Dal r. archivio di Napoli, si legge nei Mss. della Bibl. com. di Palermo Q. q. G. 2.
(51) Capitoli del regno di Napoli, anno 1272, pag. 4.
(52) Lettera de' Siciliani al papa Martino IV, nello Anonymi chronicon siculum, cap. 40, presso di Gregorio, Bibl. arag. tom. II, pag. 154.
D'Esclot, cap. 88. Questi assicura che si levavano infino a quattro collette in un anno, ed aggiugne un'altra crudeltà, non rapportata dai nostri, e perciò men da credersi; cioè che marchiavano in fronte cui non pagasse le collette, e che i riscuotitori portavano due collari colle catene appesi all'arcion della sella, e vi attaccavano pel collo i debitori.
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