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      Questa circostanza sola basta a mostrare apocrifa la lettera. È impossibile che Pietro passando sotto silenzio i veri suoi dritti si fondasse tutto in su quella vaga asserzione; e ciò contro il detto ai potentati d'Europa; e ciò nel primo atto in buona forma ch'ei mandava allo usurpatore; e ciò mentre papa Martino solennemente favoreggiava e sostenea costui, onde sarebbe tornata vana qualunque anteriore concessione di Niccolò III. Aggiungasi che se fosse stata vera questa lettera di Pietro, la corte di Roma non avrebbe lasciato di smentirlo; e che egli all'incontro, quando fu deposto dal reame d'Aragona appunto pel fatto di Sicilia, avrebbe protestato di certo, pubblicando la concessione di Niccolò III.
      Tradiscon di più la risposta di re Carlo, quelle parole "malvagio traditore di Dio," nostro inimico e traditore. Si ponga mente in prima, che nei diplomi autentici del duello dei due re, questi gravi sfregi non si leggono, ma che Piero fosse entrato nel regno di Sicilia contro ragione e in mal modo. E quando, fallito il duello, Carlo rinfacciava al nimico le ingozzate offese (diploma in Muratori, Ant. ital., tom. III, Dissertazione 39), faceasi con molta cura a spiegare, che per quelle parole "contro ragione e in mal modo" avesse voluto significare, il più cortesemente che si poteva in carteggio di re, l'accusa di traditore; che Pietro d'altronde avea compreso benissimo, e dettolo agli araldi che gli portaron la sfida. Egli è evidente che re Carlo, se avea già scritto letteralmente "malvagio traditore" in quella prima epistola, ricordava adesso queste parole, e non silloggizzava di averle adombrato in quel composto e misurato linguaggio.


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La guerra del Vespro sicialiano
o Un periodo delle istorie sicialiane
di Michele Amari
1843 pagine 912

   





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