Veggasi anche Saba Malaspina, cont., pag. 420 e 421; e il Neocastro, cap. 86, 88, 89.
(524) Bart. de Neocastro, cap. 86.
(525) Montaner cap. 95.
(526) Bart. de Neocastro, cap. 87.
(527) Bart. de Neocastro, cap. 88.
(528) Secondo il catalano Montaner, cap. 113, 114, i governanti di Sicilia, liberata la minutaglia dei prigioni della battaglia di Napoli, domandavano al re a Barcellona: che far de' nobili, che del principe? e convocavano di lì a due mesi, per dar tempo alla risposta, un parlamento a Messina. S'ebbero incontanente lettere del re, segretissime, fuorchè alla regina, a' figli e all'ammiraglio; ma tutto che s'oprò fu dettato da quelle. Indi adunato il parlamento de' nobili, sindichi delle città, e Messinesi a pien popolo, Giacomo tornava a mente i fatti di Manfredi e Corradino, quasi chiedendone vendetta nel sangue dell'unico figliuolo di re Carlo: onde tutti il chiamarono a morte, e la sentenza fu distesa; ma Giacomo inaspettatamente, per campare il principe di Salerno, lo fè imbarcare alla volta di Catalogna: il che prova quanto mal ricordavasi il fatto Montaner, e quanto volea inorpellarlo a lode di Giacomo. Saba Malaspina, cont., pag. 420, 421, scrive ancora del parlamento in Messina, supponendo che gli usciti napoletani persuadessero la regina a quella vendetta; perilchè chiamati dall'isola tutta i nemici più fieri del nome francese, fu posto il partito; ma contrastandolo i Messinesi, il parlamento scioglieasi a tumulto; e gli esuli sfogavano con ammazzare quanti colsero de' prigioni.
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