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      Annali, geografia, statistica, dritto pubblico di due epoche, fasti gentilizii, tutte le fole che gli parean profittevoli, accozzò l'ignorante impostore ne' codici diplomatici; oltre le false leggende che spacciò di monete e suggelli genuini; le monete ch'ei falsò a dirittura, come si afferma; e i diciassette libri perduti di Tito Livio, dei quali si vantò di tener sotto chiave la versione arabica. Per quattordici anni (1783-1796) si godè onorificenze, favor di governanti, pensioni, e in ultimo la grassa abbadia di San Pancrazio. Condannato dai magistrati, quando si scoprì la frode, alla reclusione in fortezza, il re gli fece espiar la pena in una deliziosa villa ch'egli avea comperato di sue baratterie; e gli fu reso il medagliere ch'egli avea raccolto, di 364 monete non false, tra le quali 219 di oro. Ma è da sapersi che un segretario del governo era stato complice, o forse promotore, della magagna del Consiglio d'Egitto, intesa a fingere un nuovo dritto pubblico siciliano del duodecimo secolo, ampliando l'autorità del principe e scorciando quella dei baroni(8). La opinione pubblica, che sapea coteste brutture, avea prima dei magistrati condannato l'abate Vella e il governo con lui; il qual giudizio ritrasse con grazia anacreontica il Meli, nelle quartine che incominciano:
     
      Azzardannu 'na jurnataVisitari li murtali,
      Virità fu sfazzunata;
      Ristau nuda a lu spitali.
      . . . . . . . . . . . . .
      Sta minsogna saracinaCu sta giubba mala misa,
      Trova a cui pri concubinaL'accarizza, adorna, e spisa. ec.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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