I pochi cristiani dell'isola, non vinta per anco la forza d'inerzia delle masse, ebbero a combattere le forze vive del principato, dell'aristocrazia e dei dotti; le quali, vedendosi ormai minacciate dalla nuova potenza che sorgea nel mondo, fecero ogni opera ad abbatterla. Indi per gran tratto del terzo secolo e nei primi anni del quarto, scorreva in Sicilia il sangue dei martiri. Si illustravano allora i nomi, rimasti sì popolari, di Agata, Lucia, Ninfa, Euplio e molti altri; Lentini, culla un tempo della rettorica greca, si rendea celebre per la eroica costanza e numero dei cristiani. Nel medesimo tempo altri discendenti de' Sicelioti si fortificavano nel culto nazionale di Cerere o di Venere Ericina, con gli argomenti di Porfirio, capitato nell'isola per osservare l'Etna e fattovisi a scrivere (verso il 270) un trattato a difesa del paganesimo. Il filosofo Probo da Lilibeo, che visse in quella età, e i molti discepoli ch'ebbe Porfirio nel suo lungo soggiorno in Sicilia, combatterono insieme con lui questa guerra neoplatonica contro il cristianesimo: e i sofismi loro tornarono vani al par che i supplizii a fronte del principio morale dei novatori. Posate le persecuzioni; succeduto alla tolleranza il favore del governo, e al favore uno impetuoso zelo, la più parte dell'isola confessava la fede di Cristo. I sanguinarii editti di Teodosio poi accrebbero per forza il numero dei proseliti; fecero chiudere gli ultimi tempii pagani; e pur non bastarono a sradicare le antiche superstizioni della popolazione rurale.
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