Indi si vede che insieme coi costumi più generosi apparivano gli albori della cultura intellettuale. Fa ritorno nell'Arabia centrale la scrittura, che ormai vi si tenea com'arte ignota; ma pochissimi l'apprendono; difficilmente si pratica su foglie di palma, liste di cuoio, ed ossa scapolari de' montoni; si adopera a perpetuare qualche atto pubblico, non a conservare le produzioni dell'ingegno; le quali raccomandansi tuttavia alla memoria dei raccontatori, prodigiosamente rafforzata dall'esercizio, e che parve per lunghissimo tempo più comoda e sicura che le carte scritte. Avanti questa età gli studii degli Arabi, se studio può dirsi il brancolare di barbari ciechi dell'intelletto, non erano altro che le osservazioni degli astri applicate empiricamente alla meteorologia e i ricordi delle genealogie, e geste degli eroi. A poco a poco rischiarandosi ad una medesima luce tutte le regioni intellettuali, la saviezza pratica si affinò in filosofia morale; si cercò dietro le superstizioni qualche idea astratta, fallace forse ma grande; si meditò su le origini e arcane leggi del mondo; s'intese disputare di predestinazione, di libero arbitrio; sursero scettici che rideansi dei numi di lor tribù e della vita futura; si vide il poeta guerriero Imr-el-Kais gittare in faccia all'idolo di Tebala le frecce con che gli avean fatto tirare la sorte. Ed epicureggiavano più che niun altro i poeti: donde seguì un bizzarro contrasto con la letteratura contemporanea dei Greci e Latini, i quali, non sapendo ormai cavare una scintilla di genio da' loro tesori letterarii, dettavano ponderose omelie, o scipiti inni sacri; mentre gli Arabi ignari improvvisavano poesie spiranti la indifferenza filosofica di Lucrezio e il sentimento estetico di Omero e di Pindaro.
| |
Arabia Arabi Imr-el-Kais Tebala Greci Latini Arabi Lucrezio Omero Pindaro Kais
|