Pagina (117/677)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Le credenze religiose degli Arabi, ancorchè mal ferme, diverse d'origine, e niente connesse tra loro, davano appicco a un riformatore che imprendesse di ridurle ad unità. Primo avviamento a questo la idea d'un nume supremo; antichissima tradizione semitica, la quale appo gli Arabi mai non si dileguò, quantunque turbata dal politeismo. Credeano a una vasta popolazione d'esseri invisibili come i demonii degli antichi Greci, e chiamavanli Ginn che risponde alla nostra voce genii. Correa tra loro altresì una vaga speranza della immortalità dell'anima, non insegnata da metafisica nè da teologia, ma dalla superstizione, scuola senza dispute: e affermava che dal cerebro del trapassato escisse un gufo, il quale, sendo stata violenta la morte, non cessasse fino alla vendetta di mostrarsi ai parenti gridando: "ho sete, ho sete." In altre pratiche superstiziose è agevole altresì di scoprire l'aspettativa della risurrezione.
      Molti erano gli obietti del culto: idoli di pietra o di legno in sembianze umane, diversi nelle diverse genti; anco il sole, la luna, le costellazioni, simboleggiate da idoli o no; credute angioli, o com'essi diceano, le figliuole di Dio. Ma comechè amassero meglio praticare con cotesti iddii minori, visibili e palpabili, più pronti ad entrar nei particolari, ad ascoltare, a rispondere, ad aiutar l'uomo in ogni aspro caso della vita, pure la unità del culto e del Dio era serbata nella usanza antichissima che portava le tribù al pellegrinaggio della Caaba, la quadrata, come suona tal voce; la casa di Dio, come diceano gli Arabi anco avanti lo islamismo.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





Arabi Arabi Greci Ginn Dio Dio Caaba Dio Arabi