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      Ma tale debolezza del nemico non si potea scernere dai Cristiani tra i primi spaventi di quell'assalto, non aspettato nč creduto possibile; di quel terribil nome di Saraceni; di quelle nuove fogge, sembianti, linguaggio e impeto di combattere. Perņ, giunti gli avvisi a Roma, si strinsero l'esarco e il papa, com'abbiam detto. Passato Olimpio con l'esercito in Sicilia, la guerra andņ in lungo: combattuta debolmente d'ambo le parti; dei Musulmani perch'eran pochi e scarsi di preparamenti; de' Cristiani perchč valean meno in arme, e travagliavali una morķa che s'appigliņ all'esercito. Indi le pratiche mosse dall'esarco, alle quali accennano e la narrazione del falso Wākidi e il processo di papa Martino; le quali negoziazioni dopo la morte d'Olimpio furon costrutte in caso di maestą a fin di avvilupparvi il papa. Questi dal canto suo mandava aiuti di danaro in Sicilia: limosina a qualche servo di Dio, scriveva egli poi scusandosi, e dissimulando forse sotto tal nome il riscatto degli inquilini del patrimonio caduti in man del nemico. In ogni modo, tra scaramucce e pratiche si consumarono parecchi mesi; nel qual tempo Olimpio morģ della pestilenza. I Musulmani, non isperando rinforzi, poichč non avevano altra armata in sul mare, e aspettandosi addosso il navilio bizantino, o avendo avvisi che venisse, non si lasciaron chiudere nell'isola. Mo'āwia-ibn-Hodeig rimontņ su le navi in fretta, senza perņ abbandonare nč il bottino nč i prigioni; e, fatto vela nottetempo, ebbe a ventura, dopo felice navigazione, di sporre i suoi sani e salvi su le costiere di Siria.


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Storia dei musulmani in Sicilia
Volume primo
di Michele Amari
F. Le Monnier Firenze
1854 pagine 677

   





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