E alle navi corsero, seguíti da molte donne loro, che vollero partecipare al pericolo.
Appiccata la zuffa con trar dardi e saette, gli Arabi si accôrsero dell'errore di combatter da nave a nave; e senz'aspettare una prima sconfitta che li ammaestrasse, vollero provarsi da uomo a uomo. Gittano gli uncini alle galee nemiche; salgono all'arrembaggio con le sciabole e i cangiar alla mano; e con molto sangue loro e grandissima strage de' nemici, vinsero la giornata. Costante, che s'era tratto addietro quando cominciarono a fischiare per l'aria le saette, diessi a fuggire quando si venne alle armi corte; e pure a mala pena campò. All'incontro la nobile e bella Bosaisa, moglie del capitan musulmano, avea visto sì da presso il combattimento che il marito le domandò: "Chi ti è parso il più valoroso?" "Quel dalla catena" ella rispose: un guerriero che nel fitto della mischia, vedendo la nave di Abd-Allah aggrappata e portata via da un galeone nemico, l'avea liberata spezzando la catena. Questo prode era A'lkama-ibn-Iezîd, che amò ardentemente Bosaisa; la domandò in isposa; si ritrasse dall'inchiesta quando seppe che Abd-Allah aspirava alla mano di lei; e venuto costui a morte pochi anni appresso la battaglia delle Colonne, ottenne alfine il premio di sì perseverante e generoso amore(178).
Tornato il fuggente imperatore a Costantinopoli, incrudelì per sospetti di stato; fe' uccidere il proprio fratello; continuò le persecuzioni contro i sostenitori delle due volontà; e alternando fierezza e viltà, com'è proprio de' tiranni, vezzeggiò i successori di papa Martino, e pensò di fuggire i luoghi e il popolo che gli ricordavano il parricidio.
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