Dopo un mese, fatto gran cumulo di preda, prese varie terre o piuttosto battuto il paese qua e là coi cavalli, i Musulmani si rimbarcarono. Portaron via, dicono gli scrittori cristiani, i tesori delle chiese e i bronzi rubati da Costante a Roma. Dicono i Musulmani, come s'è visto sopra nel testo di Beladori, che si trovò nel bottino gran copia d'idoli fabbricati di preziosi metalli e di gemme: e che il califo Mo'âwia li mandò ai mercati degli idolatri d'India, sperando che ne conoscessero e pagassero il pregio. Ma l'universale dei Musulmani fieramente scandalizzossi di un pontefice che rivendeva i lavorii di Satan(184).
A questa impresa del secentosessantanove, un monaco Benedettino, vivuto cinquecent'anni appresso, innestò sue fole di sanguinosa strage nel monastero dell'Ordine a Messina, e sopratutto di guasto a moltissime città e terre che i Benedettini possedessero in Sicilia. Tal racconto si trova in una serie di leggende apocrife e falsi documenti, con che si fece prova nel duodecimo secolo a gabbare i principi, e carpir qualche pezzo dell'immenso patrimonio che si fingea tolto a que' pii cenobiti. Non senz'arte, si fe' menzione dei poderi da una mano nelle geste dei martiri, dall'altra mano nei supposti diplomi; e tra le une e gli altri, si attribuì ai Benedettini la proprietà di mezza Sicilia: terreni in tutti i luoghi di cui si conoscessero i nomi nella storia antica; e intere città poste sotto la signoria loro fin dal sesto secolo, come potean esserlo nel duodecimo.
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