Il popolo della capitale, non badando ai dottori che sognavano potersi camminar sempre entro i limiti della resistenza legale, aprģ le porte a Mansūr, rifabbricņ con l'aiuto di quello le mura abbattute da Ibrahim, capo della dinastia, e tutto diessi alla rivoluzione. Poi seguģ l'usato effetto tra que' piccioli corpi feudali e municipali, ciascun dei quali avea preso a reggersi dassč. Impotenti ad espugnare Abbāsia, si divisero; e Ziādet-Allah, uscito co' suoi, li ruppe (ottobre 825), pose in fuga Mansūr, riprese Kairewān, ed abbattč le mura, ritenendolo da maggiore vendetta, chi dice un voto ch'avea fatto a Dio mentre era stretto d'assedio in Abbāsia, chi dice le preghiere dei due cadi; e nessuno ha pensato che volendo domare il giund, dovea andare con riguardo verso i cittadini, e che Mansūr, ancorchč sconfitto, era in arme, e la provincia tutt'altro che queta. In fatti, voltata la fortuna della guerra, Mansūr tornņ a Kairewān, Ziādet-Allah tornņ a chiudersi in Abbāsia, e gią si parlava di accordo che lasciata la signoria d'Affrica ei se ne andasse con la famiglia e lo avere in Levante, quando uno dei suoi partigiani con audace fazione lo salvņ. Costui, tolto seco un pugno d'uomini, andņ verso Castilia ai confini meridionali dell'odierno Stato di Tunis, ove s'era mossa contro i ribelli la tribł berbera di Nefzāwa; ond'egli accozzando i Berberi e mille Negri armati di vanghe e di scuri, ruppe il giund di A'mir-ibn-Nafi'. Le discordie fecero il resto. Mansūr, venuto alle armi contro A'mir, fu morto a tradimento; A'mir tenne il fermo altri tre o quattro anni in Tunis; e i capi minori prima di ciņ a uno a uno s'eran sottomessi; e la pił parte era ita ad espiare la ribellione con la guerra sacra in Sicilia(237).
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